Mercoledì 29 marzo su Rai1, alle ore 21,30, va in onda il docufilm I cacciatori del cielo, dedicato ai 100 anni dell’Aeronautica militare italiana. Il film celebra l’asso dei cieli e precursore dell’aviazione, Francesco Baracca di Lugo di Romagna.
I cacciatori del cielo, dubbi e misteri sulla morte di Francesco Baracca
Ma come morì il pilota ero della prima Guerra Mondiale? L’uomo era stato abbattuto da un aereo militare, oppure fu ucciso da un fante austriaco? Baracca si suicidò per non finire poi bruciato?
Per tutte queste domande non ci saranno mai risposte certe, un alone di mistero, dubbi e mancanza di dati certi, ci riconducono ad almeno sei scenari possibili che contribuiscono a creare da oltre 100 anni mito, gloria e leggenda del più grande aviatore di quei tempi, Francesco Baracca.
L’asso dei cieli, l’aviatore italiano per eccellenza muore infatti il 19 giugno 1918 sul Montello mentre stava mitragliando con lo Spad SVII le truppe austroungariche, sotto rischiosi raid a quote basse e definiti allora come missioni Rettile.
Certezze storiche su quello che avvenne ce ne sono davvero poche, nonostante la fama, la notorietà e coraggio del maggiore romagnolo. Francesco Baracca, con coraggio e amore per la patria, riuscì ad abbattere 34 velivoli nemici in circa due 2 anni. La Storia dell’aviazione militare italiana comincia da qui, con lui.
Mai nessuno prima di Baracca aveva mai vinto un combattimento nei cieli e mai nessuno dopo di lui riuscì a superare il suo record nel cielo. Intelligente, dotato di estrema tattica militare riusciva a scandire i suoi colpi in volo conservando sempre un onore da cavaliere verso il nemico.
I velivoli al posto delle sciabole
Baracca e i suoi piloti, furono i primi a intraprendere i duelli aerei con i biplani che avevano sostituito così le sciabole. Francesco Baracca preferiva volare verso il nemico, non amando per virtù anche cavalleresca, i raid a terra dove si usava mitragliare i fanti nemici. Le missioni di raid dei biplani, demoralizzavano anche il nemico esaltando la miriade di fanti italiani ricoperti di fango del Piave.
Baracca così, oltre alle medaglie fu considerato dalle truppe a terra come una sorta di angelo custode, l’eroe del cielo, che proteggeva i soldati col suo cavallino rampante.
Proprio il cavallino rampante, emblema del secondo reggimento cavalleria Piemonte Reale, nel 1923 fu donato dalla madre di Baracca a Enzo Ferrari creando così un comune denominatore tra due leggende.
Francesco Baracca e il suo ultimo volo
Dall’archivio storico dell’Aeronautica militare esce il verbale del riconoscimento della salma di Francesco Baracca. Sono poche parole, che non riescono a chiarire le dinamiche della morte. L’asso dei cieli, il 19 giugno 1918 andò nuovamente in missione contro le trincee austroungariche. In quello stesso giorno, Baracca di missioni ne aveva fatte già tre, questa dunque era la quarta. Al suo fianco un giovane novello militare, Franco Osnago.
In corso c’era la battaglia che D’Annunzio battezzò del Solstizio ed era di importanza vitale cacciare il nemico austriaco che, con ogni mezzo, tentava di sfondare il Piave. Erano i giorni delle future sorti dell’Italia nel Prima guerra mondiale.
Dopo poco nei cieli si vide un bagliore sul Montello, e di Baracca non si seppe più nulla fino al 23 giugno. Il gregario lo perse di vista e il re Vittorio Emanuele III telegrafò ai genitori per informarli che sarebbe stato fatto tutto il possibile per cercare il figlio, che poteva essere caduto anche in mano nemica.
Appena gli austriaci iniziarono ad arretrare nelle basse colline coperte di corpi di soldati, trovarono anche il cadavere del maggiore e i pezzi dello Spad sul Montello, nel comune di Nervesa.
Di certezze sui fatti dunque non ce ne sono molte ma la gloria dell’asso dei piloti è certa e solida nel tempo.