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Il nostro generale: l’incontro con la seconda moglie Emanuela Setti Carraro

Il Nostro Generale fiction rai 1 10 gennaio

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Stasera va in onda (su RAI 1) la terza puntata della miniserie RAI “Il Nostro Generale”, che racconta la vita di Carlo Alberto Dalla Chiesa e la sua lotta contro le BR.

I risvolti della vita privata nella vita del Generale

Sul piano personale Dalla Chiesa (Sergio Castellitto) si sente solo, l’assenza di Dora si fa sentire, ma proprio sul finale di puntata spunta il volto di una donna.

Si tratta della crocerossina Emanuela Setti Carraro, che diventerà la seconda moglie e che rimarrà coinvolta col marito nell’attentato di via Carini nel settembre del 1982.

Emanuela Setti Carraro: una scelta di coraggio

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La vita di Emanuela Setti Carraro al fianco del Generale finì in un batter di ciglia. La donna ha perso la vita nella strage di via Carini nello stesso momento in cui è stato assassinato anche il Generale. I due si erano sposati da appena cinquantaquattro giorni.

La strage

La sera di venerdì 3 settembre 1982, alle ore 21:15, ora dell’agguato mortale a Palermo, la donna guidava la sua A112 con a fianco il marito. In pochi secondi, hanno subito molti colpi di pistola.

I loro corpi dimostravano come il Generale voleva proteggere la donna. L’abbracciava come in un disperato tentativo di fare da scudo con il proprio corpo. Ma, secondo la ricostruzione, fu la prima a essere colpita dal sicario.

Pur non essendo la prima donna vittima della mafia, a quel tempo la sua morte ha suscitato le riflessioni dell’opinione pubblica. Soprattutto perché la mafia stava cambiando: aveva abbandonato la regola “d’onore” di non uccidere le donne.

Cosa sapeva delle attività del marito

Sia la madre di Emanuela sia la collaboratrice domestica della famiglia Dalla Chiesa a Palermo, hanno parlato di alcuni dettagli importanti. Hanno ripetutamente sostenuto che il generale custodisse alcuni documenti e che Emanuela ne fosse informata.

Ai timori, espressi a tavola da Emanuela Setti Carraro riguardo alla sicurezza di suo marito a Palermo, costui rispondeva di stare tranquilla. E diceva spesso: “se mi fanno qualcosa tu sai che c’è il nero su bianco e sai dove prenderlo”.

Tuttavia, dopo la loro morte le chiavi della cassaforte di Villa Paino, la residenza palermitana del prefetto, non furono trovate per 11 giorni, e all’apertura della cassaforte, dopo il ritrovamento delle chiavi, la stessa risultò vuota.

In sede di commissione parlamentare d’inchiesta si avanzò l’ipotesi che l’uccisione del prefetto fosse stata pianificata congiuntamente a quella della moglie proprio per evitare la divulgazione di eventuali documenti lasciati a lei dal prefetto.

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