Stasera, 8 agosto 2023, va in onda, su Rai 1, in seconda serata, il film di Agnès Obadia, Mia Figlia. La pellicola trova spunto nella storia vera di Sophie Serrano, una mamma che vive una situazione surreale e che, dopo anni, scopre di non essere la madre biologica della figlia.

Mia figlia: la storia vera che ha ispirato il film

La storia del film è quella di Sophie Serrano, una donna che nel 1994, all’epoca diciottenne, diede alla luce una bambina. La piccola, appena nata, dovette essere messa in incubatrice a causa di una patologia legata alla nascita. Tuttavia, dopo pochi giorni, venne subito affidata alla madre, che si accorse che c’era qualcosa che non andava.

La bambina che teneva tra le braccia era diversa, aveva la pelle di carnagione scura e i capelli troppo ricci. La bimba era molto diversa da lei e dal suo compagno. All’epoca, poi, la gioventù e la vita facevano girare molte voci sulla donna. Erano in tanti a credere che la bambina non fosse figlia al compagno di Sophie. In una intervista, in cui la donna si è raccontata.

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Ha detto che non erano pochi quelli che l’accusavano di voler far crescere al suo compagno la figlia di qualcun altro, tanto che avevo soprannominato la bimba “Manon”, che significa figlia di nessuno.

Forse proprio a causa di questa storia, Sophie e il compagno si lasciarono e a causa di una lite in tribunale venne fuori la verità. L’uomo chiese il test di paternità e il risultato è stata una doccia fredda: Manon non era la loro figlia biologia.

La donna racconta che dopo la scoperta temeva che qualcuno potesse portarla via. Solo a mente lucida inizia a volerci vedere chiaro. Sophie Serrano è riuscita ad individuare l’identità dei genitori adottivi di sua figlia e finalmente a fare chiarezza nella sua vita.

Le due bambine sono state scambiate nella culla a causa di un’ausiliaria che, a causa di problemi psicologici, assumeva farmaci e beveva durante l’orario di lavoro.

Dopo diversi anni di battaglie legali, la clinica è stata ritenuta responsabile dello scambio. Ha subito anche una condanna pecuniaria al risarcimento della cifra di 2 milioni per non aver concesso a due bambine di poter vivere la loro infanzia con i genitori biologici e per tutti i danni conseguenziali loro arrecati.

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