Domenica 9 luglio 2023, su Canale 5 in prima serata, va in onda il film Miracolo a Città del Capo, ispirato alla vera storia del primo trapianto di cuore fatto in Sudafrica. La pellicola scorre sotto un punto di vista particolare, ovvero quello di una donna che, ormai stanca, affronta la disparità di genere sul posto di lavoro e la connessa negazione dei diritti.

Miracolo a Città del Capo è un film diretto da Fraziska Buch e interpretato da Alexander Scheer, Fritz Karl e Sonja Gerhardt. Il Film narra una storia vera, dove, in condizioni seppur difficili, il dottore sudafricano Christiaan Barnard e la sua squadra hanno trapiantato, per la prima volta, un cuore umano.

Correva l’anno 1967 e il risultato fu utile per salvare, in seguito, milioni di vite. Questo formidabile risultato, non sarebbe stato possibile raggiungerlo se non avessero messo in campo sostegno reciproco del team e lavoro coeso di squadra.

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L’evento più importante per il mondo della scienza, avvenuto più di 60 anni fa e che cambiò le sorti della salute e vita umana globale, è ora centro della narrazione del film che vedremo su Canale 5: Miracolo a Città del Capo.  Un racconto emozionante e autentico, che mostra le vicende di una squadra di eroi che riuscirono a compiere il più grandioso successo umano.

Miracolo a città del Capo, Canale 5: il film da una storia vera

La vicenda inizia da Berlino, nell’anno 1967, dove il primario di cardiologia Theodor Kohlfeld chiama a rapporto i migliori talenti in circolazione per un posto vacante di assistente. Tra questi talenti c’è anche una donna, Lisa Scheel, una dottoressa molto qualificata, ma che nessuno considera tale perché la professione lavorativa di chirurgia dei trapianti è dominata da uomini.

Tuttavia, Lisa prende una decisione molto coraggiosa. Grazie a sue conoscenze riesce a partire per Città del Capo e una volta arrivata va a lavorare al fianco di un medico rivale di Kohlfeld, ossia l’austriaco Christian Barnard. Sarà proprio grazie a questo medico lungimirante che Lisa riuscirà a partecipare a quello che fu definito come l’evento del secolo: il primo trapianto di cuore al mondo, un’operazione con tantissimi ostacoli da affrontare.

Il film è ispirato alla storia vera del chirurgo Christiaan Barnard e del suo team di 31 persone che insieme e in armonia riuscirono ad eseguire il primo trapianto di cuore con un’operazione di circa cinque ore a Città del Capo, in Sudafrica.

Al paziente fu trapiantato il cuore di una giovane donna e successivamente morì, ma comunque l’intervento segnò l’inizio di una nuova era per la cardiochirurgia.

Miracolo a città del Capo, storia vera vista con gli occhi di una donna tra disparità di genere e diritti negati

Miracolo a Città del Capo fu prodotto in occasione del centenario della nascita di Barnard, e racconta la storia del primo trapianto di cuore dal punto di vista di una dottoressa stanca della disparità di genere in vigore allora in Germania, che molto coraggiosamente lascia tutto per recarsi in Sudafrica per lavorare al fianco del visionario dottore che cambiò il corso della storia del pianeta.

Lisa è una giovane donna preparata e molto talentuosa che però non ottiene mai il giusto riconoscimento per le sue capacità mediche, soprattutto da Kohlfed. Lisa lavora due volte tanto i suoi colleghi maschi per arrivare al posto di apprendista chirurgo, ma nonostante questo, le porte le si chiudono in faccia perché è donna.

Stufa della disparità di genere, segue il suo intuito nonché passione per aiutare chi soffre. Lisa sa di valere come donna di scienza e non intende più farsi giudicare da ciò che non riguarda la sua professione.

Lisa non appena arriva a Città del Capo resta anche impressionata dal regime dell’apartheid. Miracolo a Città del Capo quindi, oltre a parlare di disparità di genere, affronta anche il tema dei diritti negati e invita a riflettere su temi come razzismo, uguaglianza e umanità. 

Le donne sono diverse dagli uomini, ma questo non significa affatto che sono inferiori e più deboli. Se prestassimo davvero attenzione all’altro, non solo i risultati sarebbero migliori ma riusciremmo anche a ridurre le distanze tra uomo e donna e non solo. A qualsiasi sottogruppo umano sarebbe concesso di essere quello che è, senza distinzione, giudizi o censura, ma ottenendo solo i pari diritti.

 

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