Divenuto cult mondiale dopo un inizio difficile, il film ha segnato la storia del cinema queer e partecipato, ispirando generazioni con musica, ironia e libertà espressiva.

Il leggendario The Rocky Horror Picture Show celebra quest’anno il suo 50° anniversario, confermandosi non solo un capolavoro del cinema musicale ma anche un fenomeno culturale senza tempo che ha rivoluzionato la relazione tra pubblico e film. Diretto da Jim Sharman e nato dal musical teatrale di Richard O’Brien, il film ha inaugurato un nuovo modo di vivere il cinema partecipato, trasformando le proiezioni in vere e proprie esperienze collettive di liberazione e trasgressione.

Rocky Horror Picture Show: l’emblema del cinema partecipato e della cultura queer

Al momento della sua uscita nel 1975, The Rocky Horror Picture Show fu un flop commerciale, ma ben presto si trasformò in un cult grazie alle proiezioni di mezzanotte, soprattutto al Waverly Theater di New York a partire dal 1976. Qui, il pubblico si travestiva, interagiva con i personaggi sullo schermo, recitava battute e ricreava scene dal vivo con il cosiddetto shadow cast. Questo rituale ha fatto del film il più longevo nella storia delle distribuzioni cinematografiche, ancora oggi proiettato in tutto il mondo.

Il film è diventato un manifesto della cultura queer e della liberazione sessuale, offrendo a gruppi marginalizzati uno spazio di espressione e visibilità. È stato descritto come “un simbolo di accettazione, esplorazione e rottura delle norme”, celebrando l’amore libero e l’identità sessuale fluida in un’epoca in cui queste tematiche erano ancora tabù.

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Fonte: YouTube – Quello che non sai sul capolavoro del cinema – Indirettatv.it

Le riprese, svoltesi nell’autunno del 1974 tra Bray Studios e la villa di Oakley Court, furono caratterizzate da condizioni climatiche estremamente rigide e umide. L’attrezzatura spruzzava acqua gelida per simulare l’umidità, causando seri problemi di salute agli attori: Susan Sarandon, interprete di Janet Weiss, contrasse una polmonite, mentre Barry Bostwick (Brad Majors) e altri membri del cast affrontarono raffreddori persistenti.

Un altro dettaglio intrigante riguarda la celebre sequenza delle labbra rosse che cantano “Science Fiction/Double Feature”: visivamente appartengono alla performer Patricia Quinn (Magenta), ma la voce è di Richard O’Brien, co-autore e interprete del factotum Riff Raff. Questo contrasto fu una scelta stilistica voluta per accentuare il carattere surreale del film.

Il ruolo del Dr. Frank-N-Furter, interpretato da Tim Curry, è ormai iconico. Originariamente il personaggio avrebbe dovuto avere un marcato accento tedesco, ma Curry, ispirandosi a un accento aristocratico sentito casualmente su un autobus, optò per un tono più regale e ironico, contribuendo così a definire l’archetipo del travestito dolce e carismatico. Tra i candidati per il ruolo si erano fatti avanti nomi del calibro di Mick Jagger, David Bowie e Lou Reed, ma il regista Sharman preferì mantenere il cast originale legato al musical teatrale.

Interessante anche la questione vocale di Rocky Horror: Peter Hinwood, che lo interpretava fisicamente, non cantò durante il film; la sua voce fu sostituita in post-produzione da Trevor White.

The Rocky Horror Picture Show è stato inserito nel 2005 nel National Film Registry della Library of Congress come opera “culturalmente, storicamente o esteticamente significativa”. Il film ha ispirato intere generazioni con il suo mix di musical, fantascienza e horror, omaggiando senza timori i classici del cinema di genere come Dracula, Frankenstein e storie di fantascienza anni ’50.

La trama segue i giovani Brad Majors e Janet Weiss, interpretati da Barry Bostwick e Susan Sarandon, che durante un viaggio si rifugiano in un castello abitato da eccentrici personaggi. Qui incontrano il carismatico Dr. Frank-N-Furter, che sta dando vita a Rocky Horror, una creatura muscolosa e perfetta, simbolo di una nuova sessualità libera e sfrenata.

Tim Curry, ancora oggi celebrato per la sua interpretazione, ha contribuito a scolpire un’icona culturale che va ben oltre il cinema. Nonostante l’attore abbia subito un ictus nel 2012 che ha limitato la sua attività, il suo ruolo rimane indelebile nella memoria collettiva. La sua performance ha definito un modello di sensualità e carisma, accompagnato da un look anticonvenzionale e provocatorio, fatto di corsetti, calze a rete e piume.

Il film ha saputo coniugare umorismo, provocazione e musica rock in un’opera che invita a “non sognarlo, sii ciò che sei” (Don’t dream it, be it), un’esortazione a superare le convenzioni sociali e a vivere liberamente la propria identità.

Proiezioni, spettacoli teatrali e raduni continuano a tenerlo vivo, trasformando ogni visione in un evento partecipativo e coinvolgente, confermando che The Rocky Horror Picture Show non è solo un film, ma un vero e proprio rito collettivo di trasgressione e celebrazione della diversità.

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