A distanza di 33anni dall’omicidio di Simonetta Cesaroni, le indagini sono state riaperte. La ragazza di 20 anni venne uccisa con 29 colpi di stiletto il 7 agosto del 1990 dentro l’ufficio in cui lavorava in via Carlo Poma, 2 a Roma. Tuttavia, nonostante le numerose piste, il suo assassino non è mai stato trovato. Per analizzare fatti, circostanze e nuove piste, questa sera, giovedì 19 ottobre 2023, su Rai 2, va in onda il documentario Via Poma. Un mistero italiano.

Simonetta Cesaroni: chi è il colpevole? La verità sulle tracce dell’assassino

Il documentario che vedremo stasera su Rai due, non racconta soltanto ciò che la cronaca nera ha già detto nel corso di questi lunghi 33 anni, ma tenta di puntare un faro sul dietro le quinte dell’omicidio di Simonetta Cesaroni, esplorando il delitto di Via Poma alla luce di tutti i tenebrosi personaggi che non hanno detto tutto quello che sapevano, se non addirittura mentito.

La relazione della Commissione parlamentare Antimafia, trasmessa alla Procura della Repubblica di Roma qualche mese fa, indica alcuni dettagli inediti da cui ripartire per cercare la verità sul cold case più discusso d’Italia. Il primo elemento da cui partire è una macchia di sangue di gruppo A positivo. Il sangue, repertato dalla Polizia e trovato sulla maniglia di una porta, non fu mai preso in considerazione. Apparterrebbe a qualcuno ancora ignoto, infatti la traccia ematica non ha trovato nessuna compatibilità con i sospettati indagati nel corso degli anni. Dubbi anche sull’arma del delitto. Non sarebbe un tagliacarte, ma un lama più appuntita e lunga, tipo lo spadino da uniforme.

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E’ inoltre di poche ore fa, l’annuncio di un racconto ad oggi inedito, di un testimone mai ascoltato prima, secondo il quale il giallo di Via Poma si sarebbe potuto risolvere già negli anni in cui avvenne. Se questo personaggio fosse stato interrogato 33 anni fa, oggi, forse, non avremmo un cold case. Si tratta di Giuseppe Macinati, il figlio di Mario Macinati, il tuttofare dell’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno presidente regionale degli Ostelli della Gioventù. 

Simonetta Cesaroni, nuovi elementi d’indagine

Simonetta Cesaroni, infatti, lavorava presso la sua sede di via Poma. Il testimone racconta: “Il pomeriggio in cui Simonetta Cesaroni fu uccisa, prima ancora che si sapesse dell’omicidio, un uomo telefonò a casa mia dal luogo del delitto”.

Stando ai fatti, il corpo di Simonetta Cesaroni fu scoperto circa alle 23.30 da sua sorella Paola, arrivata sul posto insieme al fidanzato, al datore di lavoro di Simonetta, Salvatore Volponi e al figlio di quest’ultimo. In seguito l’inchiesta sul delitto di via Poma vide indagati e poi prosciolti il portiere Pietrino Vanacore, Federico Valle, il figlio dell’architetto Cesare Valle che era nello stabile, e l’ex fidanzato di Simonetta, Raniero Busco.

Questo nuovo testimone parla di due telefonate in cui qualcuno cercava Caracciolo in casa sua. Infatti l’uomo afferma: ” Quando veniva nella sua casa di campagna, l’avvocato voleva rilassarsi. Quindi non aveva il telefono. Per i casi di urgenze, lasciava il nostro numero. Mio padre lavorava per lui”.

Ma quel giorno a rispondere al telefono fu la madre di Macinati. Lui non conosce il contenuto ma afferma che a chiamare era un uomo. L’orario delle chiamate sarebbe antecedente a quello in cui si inquadra la scoperta del cadavere di Simonetta Cesaroni.

Il testimone infatti dichiara che il telefono squillò nel pomeriggio, intorno alle 17.30 la prima volta, poi la seconda volta non dopo le 20.30, di certo – spiega – le due chiamate arrivarono prima che trovassero il corpo.

Il giorno dopo ho scoperto he era stata uccisa una giovane agli Ostelli, racconta e ho pensato: ” Per questo chiamavano. Se mi avessero ascoltato subito, l’assassino non sarebbe libero“. La nuova testimonianza, apre l’orizzonte a nuove piste, mentre alcuni alibi, mai verificati e lacunosi, si sgretolerebbero nell’immediato.

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