Arriva a Che tempo che fa oggi 15 ottobre anche David Grossman, lo scrittore israeliano. L’uomo, nel 2006, ha vissuto la morte tragica del figlio, Uri. L’uomo, proprio per colmare la grave perdita, ha deciso che da quella tragica e dolorosa esperienza avrebbe potuto scrivere un libro, “Caduto fuori dal tempo” (in italiano da Mondadori).

La perdita e la sofferenza

L’uomo nel 2006 perdeva un figlio e viveva la grande sofferenza innaturale della perdita del figlio. Perdere un figlio è un qualcosa di indicibile ed inesprimibile. Lo scrive anche nel suo libro, evidenziando come per le perdite c’è un nomen in italiano, che manca per chi perde un figlio.

Ad esempio è orfano chi perde la madre o il padre. E’ vedova o vedova chi perde un compagno o una compagna, un marito o una moglie. Invece, chi perde un figlio non ha un nome che lo identifica, tanto il fatto che è un qualcosa che nemmeno si riesce ad immaginare.

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Insomma, la sofferenza di chi perde un figlio oppure una figlia è anche la sofferenza di chi non sa dare un nome al proprio status. Non riesce a trovare una definizione alla persona che diventa. Un nome per portare agli altri la propria sofferenza.

Lo scrittore e l’arma della penna

Grossman ha messo per iscritto quello che prova. La scrittura gli ha permesso di mettere nero su bianco quello che pensa davvero, cercando di trasformare in forma quello che vive nella sostanza.

Il libro è una porta aperta per chi si apre alla sofferenza di un genitore che ha perso il figlio. Un dolore senza nome che viene descritto e di cui si parla senza remore e senza nascondersi. Il libro può diventare un luogo in cui chiunque può capire e comprendersi. Un posto che, al di là di ogni definizione, tratti la sofferenza di un padre che perde il figlio e che può essere un punto di approdo per la riflessione di molti.

 

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