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A Le iene si torna a parlare di una terribile vicenda che sconvolse l’Italia: il massacro di Ponticelli. La storia delle due bambine seviziate, violentate, massacrate e poi bruciate sembra non essere ancora un caso chiuso.
Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo, ritenuti colpevoli e condannati all’ergastolo, tornano a urlare la loro innocenza, aggiungendo particolari che, a loro dire, confermerebbero l’errore giudiziario.
Secondo loro le indagini furono un complotto di minacce, grida e torture atte a trovare il prima possibile i nomi da indicare come colpevoli.
Il programma Le iene ripercorre nel servizio, tutte le fasi di quell’orribile massacro delle due bambine napoletane avvenuto nel 1983.
L’omicidio delle due bambine, Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, di 7 e 10 anni, è stato uno dei più cruenti ed efferati crimini accaduti in quel periodo in Italia, tanto che i media parlarono subito dell’opera omicida di un mostro. Le bambine scomparvero all’improvviso mentre stavano giocando nel quartiere. In seguito i loro genitori ritrovarono i corpi carbonizzati in un cantiere. Le indagini sul loro omicidio fecero emergere particolari terribili e inquietanti.
Le due bimbe prima sono state torturate, seviziate e infine violentate. Poi uccise e date alle fiamme. Gli inquirenti passarono al setaccio, ad uno ad uno, tutti gli abitanti del quartiere con minuziosi interrogatori. Silvana Sasso, amica delle due bambine, fu il testimone chiave. Silvana disse ai poliziotti che il giorno della scomparsa, avevano tutte e tre un appuntamento con un giovane di circa vent’anni di nome Gino che possedeva un’automobile fiat 500, di colore scuro.
La polizia seguì la pista facendo un identikit del ragazzo. La vicenda si concluse con l’arresto e la condanna all’ergastolo di Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo. I tre però, più volte, si sono dichiarati innocenti e vittime di errori giudiziari.
I tre giovani condannati all’ergastolo parlano di particolari seguiti con superficialità. Secondo alcuni testimoni poi, gli inquirenti avrebbero minacciato chi veniva interrogato pur di arrivare rapidamente alla chiusura del caso.
Il testimone chiave per l’arresto dei tre fu Carmine Mastrillo, che cambiò anche versione dopo aver inizialmente dichiarato di non sapere nulla.
L’uomo disse di aver ascoltato il racconto dell’uccisione delle due bambine da uno degli arrestati, la sua confessione portò alla condanna.
Successivamente carmine disse di aver firmato fogli di cui non conosceva il contenuto sotto le pressioni della polizia. Anche i tre condannati dicono che avrebbero più volte subìto violenze in caserma per confessare il delitto.
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